Fonte dell’articolo silvestrini.org
Come esseri umani e ancor più come credenti dovremmo orientare tutta la nostra vita in una continua, assidua ed incessante ricerca di Dio. Trovarlo e conoscerlo dovrebbe essere lo scopo primario della nostra vita. Dal Vangelo e da tutta la Scrittura sacra apprendiamo che prima ancora che noi ci muoviamo verso di Lui egli è già alla nostra ricerca. Gesù, additàto da Giovanni Battista come l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo, suscita immediatamente l’attenzione di uno dei suoi discepoli. È Andrea, fratello di Simòn Pietro. Egli si mette, senza esitazione, alla sequela di Cristo. Ha creduto alla testimonianza del suo primo maestro ed è sicuro ormai che l’Agnello di Dio e il Messia atteso. La buona notizia, il felice incontro non può essere taciuto; il neo-discepolo si trasforma subito in testimone. Incontra il fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia che significa Cristo e lo conduce da Gesù». Ecco un bell’esempio per ognuno di noi che ci diciamo cristiani: dopo aver incontrato e conosciuto Cristo dobbiamo impegnarci attivamente, con la genuinità della nostra testimonianza, a condurre da lui i nostri fratelli. Questa è la vocazione del credente: assumere gli insegnamenti del Signore, viverli coerentemente, farli diventare testimonianza ed esempio per gli altri. Non basta quindi dire «Eccomi, Signore, parla che il tuo servo ti ascolta» come afferma Samuele, chiamato dal Signore; occorre che, dopo la chiamata, essa orienti tutta la nostra vita in conformità all’invito ricevuto. Una delle più belle espressioni della nostra fede, una delle migliori conseguenze derivanti dall’aver trovato Cristo è proprio l’impegno di farlo conoscere ad altri. Per secoli la Chiesa ha intessuto una splendida catena di trasmissione mediante la quale, dagli apostoli fino a nostri giorni, il messaggio di Cristo si è diffuso e si diffonde ancora in tutto il mondo. Quando questa catena s’inceppa ne soffre la Chiesa, che viene in questo modo meno al suo primario dovere di essere missionaria. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha fatto riscoprire questo ruolo anche ai laici, chiedendo loro un apporto più incisivo nella vita della Chiesa. Forse per troppo tempo l’annuncio è stato ritenuto una prerogativa quasi esclusiva dei preti e dei religiosi. La Chiesa ha urgente bisogno di testimoni autentici e numerosi e nessun fedele può ritenersi dispensato o escluso.