Fonte dell’articolo silvestrini.org
Perché grande è il suo amore per noi. ||| Nel brano del secondo libro dei re, si narra una guarigione dalla lebbra, operata dal profeta Eliséo con alcune immersioni nel fiume Giordano. La lebbra, nella mentalità semitica, significava peccato, impurità, castigo divino. Il beneficiario dell'evento straordinario è Naaman, capo dell'esercito arameo e quindi pagano; accetta (con qualche iniziale titubanza presuntuosa) l'invito di Eliseo ad immergersi nell'acqua del fiume. La guarigione realizza un atto di fede totale: "Ebbene, ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele". La tradizione esegetica e teologica ha interpretato quel fatto in una prospettiva battesimale: l'immersione nelle acque, l'ascolto della parola profetica, la salvezza ottenuta da un pagano (e quindi non riservata ai seguaci della fede mosaica). La riflessione quaresimale orienta verso l'impegno battesimale, che sarà uno degli elementi centrali della Veglia pasquale. Nel Vangelo, nel testo di Luca, Gesù, nella sinagoga di Nàzaret, ricorda quel fatto, ricorda la guarigione del lebbroso Naaman, e altri precedenti episodi miracolosi; in questo modo, egli intende provocare la fede nella sua missione, ma la reazione generale è un rifiuto: "Nessun profeta è bene accetto in patria". I presenti intendono ucciderlo, ma Gesù riesce a passare indenne. Probabilmente, l'evangelista accenna al fatto che la fede non dipende da miracoli, ma è un dono divino, non legato a situazioni geografiche o etniche. Tutti siamo figli di Dio e, se battezzati, immersi nella morte e risurrezione di Cristo, siamo anche il suo Corpo, corpo mistico di cui lui è il Capo. E lui continua a fare miracoli. Siamo di quelli che credono senza riserva e non come il Naaman, il Siro…