
Fonte dell’articolo Aleteia.org – Autore Vatican News
La storia di redenzione di Bernard Nathanson, medico con oltre 75.000 aborti alle spalle, che ha riscoperto prima il valore sacro della vita e poi si è abbandonato alla Misericordia di Dio per i suoi peccati
Solo l’anno passato è stata pubblicata da Tau editrice la traduzione italiana di “The hand of God”, l’autobiografia data alle stampe nel 1996 da Bernard Nathanson, “il famoso medico abortista che cambiò opinione”, come recita il sottotitolo dell’edizione italiana.
“La mano di Dio” di Bernard Nathanson
“La mano di Dio” tratteggia il viaggio dalla morte alla vita di uno dei principali fautori della legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti, responsabile egli stesso di almeno 75.000 interruzioni di gravidanza.
La vicenda di questa tardiva pubblicazione in Italia di un libro da tempo tradotto in moltissimi paesi viene raccontata con grande emozione da colei che possiamo indicare come la “madrina” dell’’iniziativa editoriale,Anna Raisa Favale.

La sua nota introduttiva che fa da splendida cornice al testo si chiude con queste parole:
Così come il libro, anche questa traduzione è frutto della mano di Dio e Gli voglio rendere grazie e testimonianza, perché non c’è storia, scelta o rapporto in cui Lui non possa intervenire. Lui, che solo sa fare nuove tutte le cose.
“Dell’aborto conosco ogni sfaccettatura. Sono stato una delle sue balie”
L’autore propone subito al lettore la falsariga di questa autobiografia:
Lo scenario di fondo sarà la questione dell’aborto (…) Dell’aborto conosco ogni sfaccettatura. Sono stato una delle sue balie; ho aiutato a nutrire la creatura nella sua infanzia, a grandi sorsi di sangue e denaro; l’ho guidato nella sua adolescenza, mentre cresceva a dismisura (…) L’aborto è ora un mostro così pantagruelico che finanche pensare solo di ricacciarlo nella sua gabbia (dopo che lo abbiamo ingrassato a spese di 30 milioni di umani) è ridicolo oltre ogni dire. Tuttavia questo è il nostro compito – una fatica erculea.
Bernard Nathanson e il rapporto con il padre
La vita di questo medico è stata fortemente segnata da una figura paterna estremamente ingombrante e contraddittoria, anch’egli ginecologo, un ebreo aderente solo formalmente alle prescrizioni della sua religione ma fondamentalmente scettico e senza fede.
Il suicidio della sorella
Un uomo verso cui Bernard Nathanson prova un misto di odio, amore e ammirazione, che ha un rapporto perverso con la moglie continuamente squalificata davanti ai due figli, in grado di incidere così profondamente sul carattere della femmina Marion, tanto da creare le condizioni alla base della sua scelta suicidaria agita in età matura.

“Ateo giudeo”
In questo scenario familiare prende le mosse la vita privata e professionale del giovane – che si definirà un “ateo giudeo”- portandolo a schierarsi in favore della libertà di scelta della donna e diventando membro fondatore della National Association for the Repeal of Abortion Laws (NARAL, Associazione Nazionale per l’Abrogazione delle Leggi sull’Aborto).
Lavorando con Betty Friedan fu uno dei principali artefici della legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti, dove nel 1973 la Corte Suprema arrivò alla celebre decisione Roe v. Wade che da allora ha permesso l’interruzione della gravidanza fino alle soglie del parto.

L’ex abortista, allevato nella religione ebraica, ha cambiato radicamente punto di vista diventando un sostenitore della vita, e si è unito alla Chiesa cattolica a 70 anni ispirato dal suo “messaggio speciale” di perdono.
AP
Pratica lui stesso l’aborto di suo figlio
Quando Bernard ha già due matrimoni falliti alle spalle e da studente di medicina ha spinto la sua prima ragazza importante ad abortire, incontra – mentre sta terminando la specializzazione – una donna che “mi amava moltissimo” e rimane incinta di lui.
(…) le dissi che non l’avrei sposata e che in quel momento non potevo permettermi di mantenere un figlio (un egregio esempio della coercizione esercitata dai maschi nella tragedia dell’aborto). Non solo pretesi che lei interrompesse la gravidanza come condizione per la continuità del nostro rapporto, ma le comunicai pure freddamente che, essendo ormai uno dei migliori praticanti del mestiere, io stesso avrei potuto praticarle l’aborto. E così feci.
La freddezza e l’autocompiacimento con cui esegue l’aborto del figlio
Il racconto che l’autore fa della procedura abortiva da egli stesso effettuata è agghiacciante per la freddezza e l’autocompiacimento con cui egli “sistema” l’incidente di percorso intervenuto nella sua relazione sentimentale, destinata a naufragare miseramente subito dopo.
Dirige la più grande clinica di aborti di New York
Per molto tempo dirige, con un’ottica imprenditoriale ed una puntigliosa standardizzazione procedurale, il Center for Reproductive and Sexual Health (Centro per la Salute Riproduttiva e Sessuale), la più grande clinica di aborti di New York, conosciuta anche come Women’s Services (Servizi per le Donne).
Nel rivisitare questo periodo della sua vita l’autore evidenzia con forza la manipolazione, il cinismo, la sconvolgente superficialità morale, gli enormi interessi economici che fecero da sfondo al clima socio-culturale determinatosi intorno al tema dell’aborto in quegli anni della storia americana.

Cosa porta Bernard Nathanson ad abiurare l’aborto?
Quale esperienza porta Bernard Nathanson ad abiurare l’aborto e diventare un convinto attivista pro-life? Il suo percorso di “conversione” non è quello che – come potremmo immaginare – partendo dalla riscoperta della fede porta i più a combattere poi strenuamente a difesa della vita dal suo concepimento al suo termine naturale, ma esattamente il contrario.
Lasciata la clinica, egli diventa capo servizi di ostetricia al St. Luke Hospital: lì…
(…) ebbi per la prima volta nella mia vita un po’ di tempo e spazio per pensare. Sono sicuro che non fu una coincidenza – era presente la mano di Dio – che proprio in quel momento stessimo cominciando a implementare nell’ospedale prodigiose nuove tecnologie. Era la tecnica degli ultrasuoni, quella che per la prima volta spalancava una finestra all’interno dell’utero. Cominciammo ad osservare il cuore del feto sul monitor elettronico. Per la prima volta cominciai a pensare a quello che realmente facevamo nella clinica. La tecnica degli ultrasuoni spalancò un mondo nuovo. Per la prima volta potevamo realmente vedere il feto umano, misurarlo, osservarlo, controllarlo, e addirittura legarci ad esso, e amarlo.

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